2004 – Io vivere vorrei addormentato

 

….su questo tema Emilio Ingenito ha preferito scegliere un tono lieve creando un’atmosfera di gusto teatrale che funge

da legame per immagini scattate nei più diversi luoghi in un arco di tempo che va dal 1995 al 2008. L’intenzione del

fotografo torinese non è stata quella di concentrarsi esclusivamente sulle persone addormentate – in tal modo, infatti,

il rischio era quello del bozzettismo – ma di coglierle all’interno di un più ampio contesto che meglio spiegasse la situazione

che voleva riprendere. In questo modo ci ha lasciato la possibilità di creare una sequenza logica o estetica alternativa a

quella da lui stesso scelta. Proviamo, per esempio, ad osservare le immagini che riprendono persone addormentate sui

mezzi di trasporto per scoprire che dormono tutte molto composte sui sedili di treni e metropolitane mentre le cose cambiano

decisamente se i dormienti si devono accontentare delle sedie: c’è chi ci si accartoccia sopra con una gamba piegata sotto

il corpo, chi si lascia andare per prendere il sole, chi si sdraia usandone più d’una perché stremato dalla stanchezza in una

sala d’attesa, chi si appoggia al sedile abbracciato a un’amica mentre poco più in là una coppia resta sveglia scambiandosi effusioni.

Le cose cambiano quando il giaciglio preferito diventano le panchine: ce ne sono di plastica e di pietra, in strisce sottili di

metallo e in larghe bande di legno, ma tutte consentono le posizioni più comode. Nel lavoro di Ingenito non ci sono letti,

lenzuola, cuscini, divani ma non se ne sente la mancanza: molto meglio farsi coglier dal sonno su una spiaggia, su un prato,

perfino sulla dura terra protetti da un semplice tappeto, sotto l’ombra di un albero o carezzati dalla brezza. La ricerca del fotografo

è completa, ricca ma soprattutto accattivante perché sa suggerire mille rimandi: in quelle persone sconosciute possiamo forse

scorgere le fattezze mortali del Cristo di Mantegna come anche di Ernesto Che Guevara, il corpo abbandonato di Odisseo sulla

spiaggia prima che Nausicaa lo scoprisse, le palpebre chiuse del timoniere che approda silenzioso sulla spiaggia ignota. I dormienti

di Ingenito non vogliono sapere nulla del mondo che li circonda, non temono la grande sfera in bilico su un edificio che sembra

pronta a travolgerli, la mongolfiera che li sorvola, l’ombrellone che li ripara mentre giacciono con le braccia serrate e la schiena

piegata sulle scale, il muro che li protegge mentre, abbracciati, chiudono gli occhi e sognano un mondo sicuramente migliore di quello

in cui hanno avuto l’occasione di nascere.   (Roberto Mutti)